Giù le mani da studentesse e studenti
Cobas Scuola
Siamo con tutte le ragazze e i ragazzi di Torino sottoposti da diversi mesi a pesanti misure cautelari per aver partecipato a manifestazioni e iniziative antirazziste, antifasciste e in difesa del territorio.Stiamo con le Mamme in piazza per la libertà di dissenso
L’assemblea nazionale dei Cobas Scuola, riunita a Genazzano dal 14 luglio 2022, esprime piena solidarietà alle Mamme in piazza per la libertà di dissenso e alle ragazze e ragazzi di Torino sottoposti da diversi mesi a pesanti misure cautelari per aver partecipato alle manifestazioni di denuncia e protesta per le morti di studenti durante il PCTO.
Il 28 gennaio 2022 era tornata finalmente in piazza la forza di una generazione che in questi anni ha vissuto l’abbandono da parte delle istituzioni, lasciata in preda alla solitudine pandemica e di devastazione del sistema scolastico.
Gli studenti sono scesi in piazza Arbarello per denunciare l’assurdità dell’incidente di Lorenzo, il loro coetaneo morto a Udine mentre svolgeva uno stage di “formazione”.
Al loro fianco erano presenti Docenti e personale scolastico COBAS nel giorno dello sciopero per rivendicare assieme a loro la sospensione immediata di tutti i percorsi di scuola lavoro nell’anno in corso.
La risposta delle istituzioni è stata deplorevole.
Studentesse e studenti, determinati e pacifici, chiedevano di poter manifestare il proprio sdegno, la propria rabbia per le strade di Torino, ma la questura ha impedito di esprimere il loro dissenso, chiudendoli in una autentica trappola con l’uso della forza in più occasioni, cariche a freddo, manganellate e aggressioni vigliacche e violente.
Un atteggiamento autoritario e sordo alle richieste delle nuove generazioni; un atteggiamento che denunciamo con forza da anni e che si ripresenta in ogni occasione di piazza e di conflitto nella città di Torino.
A diversi giorni dall’accaduto, la Ministra dell’Interno Lamorgese, chiamata a riferire in Senato a proposito degli incresciosi episodi verificatisi durante le manifestazioni studentesche del 28 gennaio, ha fatto menzione dei fatti avvenuti durante i cortei di Roma, Milano e Torino.
Si è trattata di un’informativa molto attesa, richiesta a gran voce anche da lavoratrici e lavoratori dei COBAS SCUOLA e sollecitata da diverse interrogazioni parlamentari, ma che è arrivata con estremo ritardo rispetto alla gravità dei fatti e non conteneva le importanti stigmatizzazioni richieste sull’operato delle forze dell’ordine e una successiva richiesta di indagini.
Tuttavia, non è questo l’elemento più preoccupante della posizione del Ministro. Ciò che troviamo scandaloso sono le affermazioni di una ministra che, a fronte di un uso ripetuto e reiterato della violenza su giovani inermi, ha trovato il coraggio di parlare di infiltrati.
Si tratta di una logica che conosciamo bene: dinanzi agli abusi della polizia perpetrati sulle piazze si usa lo spauracchio, mai passato di moda dagli anni 70, quella degli infiltrati.
Noi, come docenti e lavoratrici/lavoratori della scuola presenti in piazza, non abbiamo visto alcun infiltrato, a meno che non ci si riferisca alle forze dell’ordine che in questa città continuano a menare giovani, disoccupati, precari, senzatetto, godendo di una totale impunità e privi di qualsiasi codice identificativo.
Torino vive una situazione emergenziale di gestione dell’ordine pubblico; una città in cui la legittima protesta è repressa duramente, tanto da attirare l’attenzione perfino di Amnesty International e di Antigone; una città in cui si verificano gravi e disumani episodi di violenze dentro i CIE e le carceri, una città in cui l’abuso di polizia sta diventando sempre più una prassi consolidata e non un’infelice eccezione.
Questi studenti sono passati dall’essere vittime della repressione poliziesca ad essere accusati dalla magistratura di reati di violenza ed essere sottoposti a misure pesanti cautelari quale il carcere preventivo arresti domiciliari e varie limitazioni della libertà personale.
Torino torna ad essere il punto centrale nelle politiche repressive delle procure, con dei format ripresi in tutte le città italiane, qualunque manifestazione di dissenso e di protesta assume per la procura le caratteristiche di reati associativi che vanno in un crescendo dalla violenza e resistenza a pubblico ufficiale, fino alla gravissima accusa di reato di associazione per fini terroristici. L’intento repressivo è palese nei fatti di Torino con la richiesta delle misure cautelari da parte del Pm e la conferma del Gip che vengono motivate con l’“aggravante della militanza”; ricordiamo che uno di questi giovani si trova in carcere per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, reato per cui il codice negherebbe le misure cautelari.