Migliaia di persone (circa 4000) si sono riversate ieri a Capo Frasca per protestare contro l’occupazione militare della Sardegna e chiedere l’interruzione delle esercitazioni. A tre anni dalla precedente manifestazione, Sant’Antonio di Santadi ha accolto manifestanti provenienti da tutta l’isola: pullman e mezzi privati hanno permesso di mobilitare tante persone intorno a un tema centrale per la Sardegna e per il suo sviluppo, a cinquant’anni dalla famosa lotta di Pratobello, ad Orgosolo.
Tutte le persone presenti hanno voluto esprimere con forza il rifiuto verso il “ricatto occupazionale”: basi (e fabbriche di bombe) in cambio di posti di lavoro. Al costo, altissimo, di uno sviluppo economico non sostenibile, guerrafondaio, inquinante e imposto.
Dopo un breve corteo nelle strade del paese i manifestanti hanno dato vita a un sit-in davanti alla base, dove si sono alternati gli interventi delle decine di organizzazioni (politiche, sindacali, associazionistiche) e degli artisti presenti. La serata è stata anche contrassegnata da un cordone di polizia in tenuta antisommossa che ha sbarrato la strada per l’ingresso e la recinzione del poligono a un folto gruppo di manifestanti che, scandendo cori e slogan antimilitaristi, ha insistentemente chiesto per tutto il tempo di potersi avvicinare al perimetro del poligono.
Come COBAS Cagliari eravamo presenti alla manifestazione con lo striscione delle “Donne COBAS” e siamo stati promotori della stessa, in linea con la nostra storia di impegno politico e antimilitarista. È stata anche un’occasione per confermare la solidarietà alle compagne e compagni coinvolte nell’operazione “Lince”, che ha visto accusate decine di militanti antimilitaristi della Sardegna.
Una giornata di mobilitazione popolare che mette in evidenza come la lotta contro l’occupazione militare della Sardegna sia ancora viva e possa anche essere la base per una presa di coscienza collettiva.