Si è svolto il 19 sett. scorso presso il Caesar Hotel a Cagliari il convegno organizzato da USB Sardegna, Cobas Scuola Cagliari, Associazione Libertade, sul disegno di legge 1660 “sicurezza”, presentato dai ministri Nordio, Crosetto, Piantedosi. Già approvato dalla Camera, sembra che il governo sia intenzionato a portarlo a rapida approvazione, a fronte di poca attenzione da parte degli organi d’informazione e di tante organizzazioni sindacali. Infatti il ddl colpisce duramente le libertà democratiche e le forme del conflitto sociale preparando strumenti da stato di polizia per intimidire e punire con drastica limitazione di movimento e anni di carcere chi manifesta dissenso.
Gli interventi, col coordinamento di Giulia Lai, avvocata penalista, hanno analizzato gli allarmanti contenuti del ddl 1660, a partire da Francesca Pubusa, avvocata e docente diritto amministrativo all’Univ. di Cagliari che espone come il ddl “sicurezza” inasprisca le sanzioni già esistenti, espanda i poteri e i possibili arbitri delle forze dell’ordine, istituisca nuove fattispecie di reato. Prevede l’estensione del DASPO urbano (il prefetto avrà facoltà di disporre l’allontanamento di una persona per 48 ore da una città) e istituisce il DASPO giudiziario, (il giudice potrà imporre l’allontanamento come condizione per la sospensione condizionale di una pena). Il blocco stradale sarà punito su strada non solo ordinaria ma anche ferroviaria. L’attuale normativa dispone che siano sanzionati gli organizzatori e i promotori della manifestazione, mentre il ddl prevede la sanzione per i partecipanti. Per violenza, minaccia, o resistenza alle forze dell’ordine non conteranno le attenuanti, tranne la minore età, e si procederà d’ufficio anche per lesioni lievi o lievissime ad agenti di pubblica sicurezza. Aver commesso questi reati per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di una infrastruttura strategica costituirà un’aggravante (cosa che chiaramente prende di mira le lotte dei territori contro le grandi opere e le strutture militari).
Il reato di deturpamento di cose mobili e immobili contempla una fattispecie relativa agli immobili istituzionali, con pene spropositate (indirizzato agli attivisti contro i combustibili fossili).
Ufficiali e agenti di polizia fuori servizio potranno portare non solo le armi di cui sono dotati in servizio, ma anche quelle di cui “all’art.42 del TU delle leggi di pubblica sicurezza”. Ossia armi lunghe da fuoco, rivoltelle e pistole di qualunque misura, bastoni animati con lama inferiore ai 65 cm. Altro che pubblica sicurezza, viene da commentare.
La norma sulle videocamere indossabili nelle carceri prevede che gli agenti possano (non debbano) indossarle. Quindi non sono a tutela del cittadino, ma a tutela degli agenti.
Forze armate e di polizia, di solito sono tutelati legalmente dall’avvocatura dello stato, ma potranno anche optare per avvocati di loro fiducia, e sino a diecimila euro sono loro attribuiti per le spese legali. La restituzione non è prevista se gli agenti imputati sono riconosciuti colpevoli.
Aggravi di pena sono invece previsti per chi si permette di protestare in un carcere, anche in modo non violento. Stesse aggravanti per chi è rinchiuso in un CPR (non dicano che non sono detenuti).
Questi e altri dettagli mostrano come il ddl è solo punitivo verso i cittadini, laddove alle forze dell’ordine è smaccatamente consentito l’arbitrio. Ci si domanda dov’è l’interesse pubblico e dov’è la sicurezza pubblica, davanti norme assolutamente squilibrate e prive di bilanciamenti. Questo non è diritto, ma una forma di potere del tutto diseguale, è lo stato di polizia che ribadisce davanti al cittadino: io sono io e tu non sei niente.
Pino Cabras osserva che anche sul piano internazionale la libertà di espressione viene sempre più decurtata a danno dei cittadini; da 20-25 anni a questa parte c’è la tendenza a riscrivere il patto sociale con un’ondata di leggi che mortificano le libertà costituzionali. Come il Patriot Act negli Stati Uniti dopo l’ 11 sett. e i messaggi all’antrace: il Congresso venne chiuso, e l’Assemblea riconvocata solo per ratificare il Patriot Act. Vennero attuate le extraordinary renditions (da noi c’è stata quella di Abu Omar), si attua la sorveglianza di massa. Veramente la sovranità risiede dove si può determinare lo stato di eccezione, per usare un’espressione di Karl Smith. Dall’altra parte il disagio esplode soprattutto in forma spezzettata, e per tappare la bocca anche a quello si vorrebbe introdurre l’aberrazione del “terrorismo della parola”.
L’OSCE, Organizzazione per la sicurezza in Europa, ha scritto che “il dll 1660 ha il potere di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello stato di diritto”. E ormai dovrebbe occuparsi anche dell’esposizione della bandiera palestinese che è diventata perseguibile in Francia e in Germania.
La libertà di opinione è in balia di censure azionate da algoritmi che decidono cosa si può o non si può dire. Censure molto attive si combinano a nuove leggi repressive. La censura domina e se si combina con il “terrorismo della parola”, aumenta di molto il costo delle proteste verso lo stato. Il nostro è un paese in cui sono stati messi in azione pesanti meccanismi socio-tecnici di controllo, come il green pass, tra le misure più repressive adottate nel mondo durante la pandemia. Per contrastare queste tendenze del potere bisogna essere una forza di massa, perché con i grandi numeri si è una forza.
L’avvocata Giulia Lai dichiara di voler chiedere ai senatori sardi che non votino a favore di questo ddl. Già in Sardegna vediamo processi basati su castelli di carta, orientati a scoraggiare e intimidire chi vuol portare avanti le proprie posizioni politiche, come il processo “Arcadia”, basato sull’idea che l’indipendentismo fosse un’ideologia sovversiva. L’Europa ha invece affermato che non è così.
Tra i castelli di carta giudiziari troviamo i 45 indagati, di cui 5, con 270 bis (associazione con finalità terroristiche), che hanno manifestato contro le basi militari.
Antonio Mazzeo, professore e militante eco pacifista, giornalista premiato con la Colomba d’Oro per la Pace, osserva nel suo intervento che il governo si caratterizza come fascio leghista, ma raccoglie i frutti di un processo che ha militarizzato la società come la scuola, e che ha istituito i CPR come tentativo di far sparire persone che non sono state inghiottite dal mare o dai deserti. Questo ddl arriva quando si riscontra la minore conflittualità sociale che ci sia mai stata, niente a paragone di quella degli anni ‘60 e ’70, e impone misure che in quegli anni non erano state proposte. Chi viene colpito sono quei movimenti che hanno cercato di difendere i territori dalle transnazionali a fronte di governi che, con la scusa della lotta alla mafia, hanno istituito il 41 bis che doveva essere una misura emergenziale, mentre in realtà gli apparati dello stato facevano la trattativa con la mafia, i cui quadri borghesi dovevano consentire allo stato di passare alla seconda repubblica. Intanto il 41 bis è rimasto ed è stato applicato agli attivisti ecologisti, antimilitaristi, a chi ha fatto lotte nelle fabbriche. Questi movimenti hanno tentato di rimettere in discussione modelli come le zone rosse, istituite per negare il diritto a manifestare, modelli nati per emergenze, come in val Susa, dove dal 2011 vigono le zone rosse: se entri violi il principio di un’opera di rilevanza strategica nazionale. Tutti i movimenti contro le grandi opere sono colpiti da simili divieti.
Dall’alto si impone la destinazione dei territori, come il gasdotto trans adriatico, in cui son violati gli accordi internazionali e le leggi Seveso. Tre grandi movimenti come il NO Tav, NO TAP in Puglia, NO Muos in Sicilia sono destinatari delle misure repressive contenute in questo ddl. Facilmente poi si ricorre all’accusa di terrorismo per buttare in carcere gli oppositori sociali. Anche donne incinte potranno finire in carcere, o con un bambino di età inferiore a un anno. In carcere dall’inizio di quest’anno già contiamo 64 morti di suicidio, ma nulla viene previsto per evitarli, in pratica si accetta il suicidio in carcere, che è omicidio di stato. Dal 2011 è stato introdotto il DASPO, col decreto Minniti Orlando, che si aggiunge ai Fogli di via, e altre forme di limitazione della libertà personale, usate per impedire agli attivisti di continuare la loro lotta. Un altro modo per scoraggiare chi lotta sono le ammende di migliaia di euro. Negli ultimi 7 anni ci sono stati circa 2500 indagati. Nel 2014 c’era un indagato ogni 2 giorni. Eppure il Consiglio di Stato ha dato ragione ai NO MUOS che ricorrevano contro le autorizzazioni illegittime. Quello della repressione diventa uno scenario internazionale, sempre più accentuato dallo stato di guerra. Davanti a queste urgenze non possiamo dividerci, dobbiamo costruire patti di mutuo soccorso. Bisognerà disobbedire a queste leggi, ma non si può permettere che siano le persone più giovani a pagare, perché chi colpisce mira soprattutto ai giovani che hanno più da perdere … è il nuovo fascismo.
Il dibattito prosegue con ancora molti interventi dal pubblico, tra cui quello di Fawzi Ismail presidente dell’associazione Sardegna Palestina che annuncia che ci sarà una manifestazione il 5 ottobre contro il ddl 1660 e in favore della Palestina. L’esercito israeliano è pieno di italiani a cui permettono di andare a massacrare la gente palestinese, così sarebbe tanto più inammissibile se negassero ai giovani palestinesi il diritto di manifestare. Se si vuole essere solidali con la Palestina bisogna difendere l’esercizio delle libertà costituzionali.
Seguono molti altri interventi che mettono in rilievo altri aspetti della realtà sociale su cui il ddl 1660 calerà aggravando i costi delle lotte: viene notato che la parola “sicurezza” deriva da un senso di paura e diffidenza del conflitto sociale che si cerca di criminalizzare, mentre dall’altro lato si cerca di militarizzare la società a partire dalla scuola cercando di far prendere dimestichezza agli alunni con gli ambienti militari. Viene ricordato il ruolo dei sindacati in circostanze come queste che è anzitutto quello di informare, anche denunciando l’assenteismo dei parlamentari in una circostanza così grave: ben 70 erano assenti alla Camera al momento del voto di questo disegno di legge fascista. Alcuni interventi ricordano compagni e compagne colpiti da provvedimenti di sorveglianza speciale, DASPO, arresti domiciliari, decreti penali di condanna; si osserva che siamo davanti a scenari di guerra e che la guerra ha bisogno di un paese internamente pacificato; quindi laddove non c’è l’egemonia culturale c’è la repressione. E questa si accanisce anche contro i poveracci: il disegno di legge 1660 riserva un inasprimento di pene contro l’accattonaggio.
I ceti dirigenti invece hanno corsie preferenziali rispetto alla legge. Si è visto come i generali del poligono militare di Teulada, processati per disastro ambientale, siano stati tutti assolti, e questo ha un dimensione planetaria. Al mondo ci sono tante zone speciali in cui le aziende hanno facoltà di scriversi il proprio diritto, zone rosse in cui si tutelano gli interessi del profitto e della sfera militare, e alla gente è vietato accedere. Bisogna supportare le azioni di lotta, e i presidi come quello di Selargius – contro la speculazione energetica – che ha avuto un certo conforto dall’esperienza della lotta contro i radar portata avanti da territori come quello di Fluminimaggiore.
Chiude gli interventi Enrico Rubiu di USB Sardegna, che denuncia la negazione dei diritti: ci stanno togliendo la casa, la sanità, i contratti di lavoro, la democrazia. E la possibilità di protestare. E’ proprio un’economia di guerra. A scuola troviamo l’esercito e le forze dell’ordine che fanno propaganda per l’ordine e la sicurezza, mentre lo stato intende istituire il reato di terrorismo della parola. Ma continueremo a dire tutto. Non ci faremo intimidire.
Mariella Setzu, Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e dell’università
E’ possibile accedere alla registrazione dell’evento sulla pagina fb https://www.facebook.com/SardignaNatzioneTV/videos/1383763722562422