In tanti ci siamo ritrovati la mattina e pomeriggio di ieri, 13 gennaio 2024, giornata internazionale di mobilitazione per la Palestina, presso il sito dell’RWM di Domusnovas per dire basta alla fabbrica di bombe e altri ordigni di morte.
La manifestazione, chiamata dal Comitato sardo di solidarietà per la Palestina, ha visto una vasta partecipazione di gruppi, associazioni, partiti e sindacati di base, con un afflusso che è arrivato a circa 200 persone. Non è un piccolo risultato per un’iniziativa in un luogo fuori mano durante una giornata lavorativa.
Una grande motivazione si è mostrata non solo nell’afflusso delle/dei manifestanti ma anche negli interventi ricchi di passione, contenuto informativo, preoccupazione per le distruzioni che le “soluzioni” belligeranti e violente stanno causando a danno dei popoli, e in particolare adesso a danno del popolo palestinese.
I discorsi sono stati preceduti da brani musicali che una brava suonatrice d’arpa ha suonato per i partecipanti, specificando che molte musiche venivano da brani di lotta del popolo irlandese.
Numerosi interventi sono stati pronunciati, in cui si è messa in rilievo la drammaticità della condizione palestinese, deprivata di diritti, soggetta alla feroce occupazione militare sionista, e da due mesi sotto i colpi di un attacco israeliano che chiaramente mira al genocidio. Gli interventi hanno spiegato che La RWM è profondamente implicata in questa devastazione perché ha rapporti di collaborazione assai stretti con l’industria bellica israeliana, in particolare per la fornitura di droni da guerra, che vengono commercializzati in Europa. Vari relatori hanno messo in rilievo la situazione della Sardegna che si ritrova ad ospitare, non certo per sua scelta, industria bellica e poligoni dove si prova la guerra; c’è chi ha osservato che troppo spesso si cerca di far passare le idee dell’arruolamento nelle forze armate e del patriotismo acritico attraverso le scuole. E si è ovviamente parlato dell’RWM, industria di morte “protetta” dalle istituzioni amministrative da cui ha avuto tutti i permessi per espandersi, malgrado le forzature normative e le pesanti manomissioni attuate sull’ambiente naturale dov’è situata.
Una quantità di striscioni e bandiere sono state esposte sulle reti della zona riservata ai manifestanti, più strettamente delimitata che in altre occasioni, infatti è stata sbarrata da un cordone di polizia la strada bianca che costeggia il limitare a ovest dello stabilimento RWM. Ma i partecipanti hanno sentito che il loro messaggio non poteva essere contenuto in limiti troppo ristretti, e al cambio turno della fabbrica hanno occupato la strada d’accesso alla fabbrica in modo da mandare un messaggio forte e chiaro ai lavoratori in ingresso: il lavoro non può fabbricare strumenti di morte. Il cambio turno è stato bloccato per qualche tempo malgrado le tensioni con le forze dell’ordine presenti e tra discorsi e slogan in tanti hanno rivolto ai lavoratori l’appello a cambiare lavoro, per il bene del genere umano e della loro stessa umanità.
Lottare per il disarmo è possibile e la manifestazione del 13 gennaio l’ha provato.
Cobas Scuola Cagliari
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università